Starry starry night
L'ultimo saggio dell'avv. Roberto Campagnolo, Starry starry night, pubblicato nel numero di aprile 2016 da Diogene Magazine.
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Starry starry night
Vincent Van Gogh, Notte stellata, 1889, Museum of Modern Art, New York.
Che mistero custodisce la notte?
C’è più fascino nella speranza che nel possesso, perché l’idea dell’avvenire, pregno di tutte le sue potenzialità e possibilità, è più attraente dell’avvenire stesso.
Roberto Campagnolo
Tramite la sezione aureai Pitagorici costruirono la stella a cinque punte, simbolo dell’ armonia universale. È il famoso
pentagramma regolare iscritto in un pentagono. La stella iscritta si ottiene collegando i vertici del pentagono e contiene al suo interno un pentago-no più piccolo e ribaltato rispetto al
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precedente. Questa operazione può essere ripetuta: si possono disegnare infinite stelle e infiniti pentagoni.
Croce del Sud
Tutte le stelle osservate, hanno un comportamento frattale, cioè ordina-to secondo uno schema che si ripete e non caotico.
Cos’é dunque una stella? Cosa affa-scina sin dalla notte dei tempi l’Uo-mo, incantato spettatore della volta celeste, di quel brillio che illumina il mondo strappando il brivido più intenso, che lo avvince con la sua magia, che lo tiene sveglio e lo porta lontano, Croce del Sud che orienta i naviganti?
Che mistero custodisce la notte di Al-cmane dove dormono le stirpi degli uccel-li dalle lunghe ali? È la stessa notte cheaveva guardato Omero, dove intorno alla luna splendente, brillano luminose le stelle e che Saffo poi canta: gli astri in-torno alla bella luna / subito nascondono l’ aspetto lucente / quando nel colmo della sua pienezza illumina / la terra tutta / argentea.
La volta celeste è stata dipinta sin dall’epoca egizia, come nel caso della tomba di Nefertari, moglie del farao-ne egizio Ramses II, che si trova pres-so la Valle delle Regine, il cui soffitto é un cielo trapunto di stelle. Stellate sono le volte bizantine, il Mausoleo di Galla Placidia a Ravenna; blu ol-tremare la volta a botte della Cappella degli Scrovegni a Padova, affrescata da Giotto e tempestata da stelle dora-te a otto punte, così come le crociere della basilica Superiore di S. France-sco ad Assisi. Ornato di stelle dorate è il soffitto celeste della Camera Stella-ta, il tribunale con cui Enrico VII Tu-dor imponeva il rispetto della legge.
Fuochi accesi nel cielo
Il cielo stellato più famoso della sto-ria dell’ arte è tuttavia quello di van Gogh: Notte stellata. La tecnica è rea-listica ed espressionista al tempo stes-so. L’opera oggi si trova al Museum of Modern Art a New York.
nella notte, che avanza e si stende come un manto, avvolgendolo in un calmo intorpidimento. Ma già un alto cipresso scuro si staglia, simbolo della pace a lungo invocata, immaginifi-co ponte tra natura e cielo. Un cielo meraviglioso e travolgente, che nel quadro fluisce come un torrente im-petuoso. Calma e tranquilla la valle assopita, pulsante di energia Venere, grande stella del primo mattino, av-volta in un turbinio di bianco.
Ecco l’eterno combattersi e ricom-porsi delle forze elementari dei filo-sofi greci della physis , che ritenevano che le stelle fossero fuochi accesi nel cielo.
Non a caso la stella più luminosa in questo notturno è Venere: ancora una volta é la bellezza a guidare la mano del pittore verso l’infinito sconvol-gente del vorticoso movimento di astri. La natura é così: silenziosa, ma-
estosa, illuminata dal grande cielo che sovrasta la campagna.
È, questo del pittore, un guardare più che un vedere: attorno alle stelle fiam-meggianti nel cielo si placa l’angoscia tumultuosa dell’ animo e nel loro inferno colorato si raggruma il pen-siero.
Le stelle in questo quadro sono in-combenti, dilatate, gigantesche. Ba-gliori argentei che rincorrono segrete geometrie dell’universo: Venere, la bellezza; le stelle, la sezione aurea.
Verso la misteriosa Notte
Vaghe stelle dell’ Orsa ... l’ Uomo ri-cerca e si proietta verso l’Infinito va-gheggiato da filosofi, poeti, artisti e scienziati. Da ciascuno di noi. È l’a-peiron, l’illimitato che a sua volta de-limita.
È la luna: che fai tu luna in ciel dimmi che fai silenziosa luna… Selene, l’astrocantato dai lirici greci.
Sotto, un quieto villaggio olandese, riconoscibile dalle casupole e dal ti-pico campanile, giace addormentato
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Albert Aublet, Selene, 1880.
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Di fronte alla luna ed al cielo stellato l’Uomo s’ interroga sulla vita e sulla morte. Le stelle sono uniche testimoni dello scorrere del tempo, sono eterna-mente in cammino nel cielo, verso la misteriosa Notte. Come il pastore er-rante di Leopardi, guardando le stelle l’Uomo si rapporta, egli finito e mor-tale, con l’infinito e l’eternità.
Le stelle sono il Cosmo, l’Universo, sono corpi celesti che spesso ruotano l’uno accanto all’ altro, e di solito ce ne é uno più grande e luminoso in compagnia di un altro più piccolo e debole. Molto spesso attorno alle stelle si trovano dei pianeti, in genere gassosi come Giove. Pianeti e stelle formano i sistemi solari, più sistemi solari creano una Galassia, come la Via Lattea.
Spesso, l’ordine sorprendente del Co-smo suggerisce all’Uomo l’esistenza del divino. Come disse Einstein, Dio non gioca a dadi: vi è un ordine genera-le che regola le geometrie degli astri. Einstein ci ha regalato la Teoria della Relatività Generale, la più bella teo-ria che l’essere umano abbia prodotto in secoli di civiltà, in cui si analizzano in maniera sorprendente i concetti di spazio e tempo, e si aprono prospet-tive vertiginose sulla comprensione del nostro Universo. È proprio que-sta curiosità a muovere la coscienza dell’Uomo, prima ancora che la pro-pria intelligenza, a sospingerlo usque ad sidera.
Le miriadi di stelle che popolano le galassie fanno smarrire l’Uomo nelle profondità del Cosmo. Studiandole, egli tenta di dare un senso a quello cui la nostra intelligenza si rifiuta di dare un senso: l’infinito.
Stella del mattino
George Cantor quasi lo vide, l’infini-to, e più si avvicinava al mistero di quello che egli chiamò, l’aleph più il suo cuore ed il suo intelletto si smar-rivano. Forse l’Uomo deve pagare così la propria hybris, forse come Pro-meteo più tenta di rubare questo sa-cro fuoco degli Dei, più é destinato a cadere vittima del suo proprio ardire. I pittori surrealisti come Mirò cerca-rono di tradurre oniricamente il mi-
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stero della volta celeste. Mirò credet-te nel potere del sogno quale accesso ad una realtà superiore a quella della pura ragione, la quale sola avrebbe il compito di esorcizzare l’angoscia dell’Uomo di fronte all’infinito. Nel dipinto Stella del mattino troviamo fi-gure di donne, occhi, uccelli, luna e stelle, dipinte con un tratto quasi in-fantile, perché sono proprio i bambi-ni, con la loro ingenuità, a spalancare le porte dell’ inconscio, verso un uni-verso magico e simbolico.
Pochi anni dopo Mirò, nel 1947, Henri Matisse eseguì una serie di quadri usando la tecnica del decupa-ge. La raccolta si chiama Jazz, e nona caso: nella musica risuona l’eco dell’infinito, e la musica delle stelle accompagna le meccaniche celesti.
In uno di questi dipinti, Icaro è raffi-gurato in un cielo stellato, emergente dal blu dell’ignoto mentre cerca di toccare quelle luci, e con esse l’infi-nito stesso.
Le stelle pulsano e fiammeggiano, e sembrano essere curiose spettatrici di quel volo.
Icaro
Non é solo tensione verso l’ignoto, é lo slancio dell’Uomo che, con la sola forza del suo essere uomo, e fidandosi unicamente della propria intelligenza e delle proprie conoscenze, tenta di arrivare all’eternità.
Fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza, esorta l’U-lisse dantesco. Icaro come Ulisse – il folle viaggio dell’Uomo oltre le Co-lonne d’Ercole, spinto solo da quella curiosità intellettuale che alla fine, forse, lo perderà.
Le stelle fiammeggianti nel blu sono espressione di quell’infinito che Icaro tenta di toccare, in un abbraccio co-smico con il cielo.
Individuato da quella macchia rossa che rappresenta il cuore, nel quadro di Matisse Icaro compie tuttavia il suo volo di notte, rivoluzionando così il mito tradizionale.
Non più il sole, l’abbagliante luce del-la verità, che brucia e consuma, ma la notte, la quieta, silenziosa e sicura notte.
Le stelle accompagnano Icaro nella sua ricerca. Non c’é più bisogno di ali, é l’Uomo con la propria volon-tà, la propria intelligenza e le proprie passioni a spingersi usque ad sidera. È proprio il cuore, pulsante al ritmo del Jazz, una musica che é improvvisa-zione ed emozione, assai più che ra-zionalità e controllo (c’é nella musica qualcosa di superiore, che richiede abbandono e fiducia totale), che indi-vidua l’Uomo che spicca il folle volo. Icaro é l’Uomo che s’interroga sull’essenza più profonda delle cose: la sua vita, l’Universo, e tuttavia non vi é più nulla di angoscioso in questo volo che sembra una danza.
Stelle senza luna, stelle senza igno-to: Icaro compie un volo ardito in un cielo turchino, e canta la gioia e l’ebbrezza di vivere, immergendosi e quasi toccando un infinito di stelle lucenti.
Nostalgia
L’uomo de- sidera, il suo cuore ha l’ar-dire di condurlo oltre gli spazi sidera-li, verso la promessa dell’Eternità. Se-condo l’etimologia corrente, infatti, desiderare indica un provenire dalle stelle, ovvero, e più propriamente, una mancanza, una privazione delle stesse, che spinge, per colmare questo vuoto, a cercare di raggiungerle.
Nell’antichità gli auguri traevano au-spici dall’interpretazione delle stelle nel cielo; senza di esse, affidandosi so-lamente al proprio logos, l’uomo occi-dentale é perduto: vi è in lui un senso di smarrimento e di incompiutezza, che lo spinge ad affrontare l’ignoto come per colmare un bisogno atavico di completezza e infinito.
Desiderio è sovente sinonimo di no-stalgia: Ulisse compie il suo viag-gio spinto appunto dalla nostalgia, dall’algos (dolore) del nostos, ritorno; e pur tuttavia il desiderio di esplorare l’ignoto e di superare i propri limiti prevale, oltre le sue stesse aspettative, sulla necessità del ritorno a casa.
Anche nella tradizione giudaico-cri-stiana l’Uomo viene cacciato dal pa-radiso terrestre, cioè da un’originaria condizione di beatitudine; tuttavia vi è una profonda diversità tra quanto è
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narrato nella Bibbia rispetto al mito greco, ed é la stessa concezione del tempo e della storia, che, anche al di là della dottrina della metempsicosi, era per i greci essenzialmente cir-colare, così come per le popolazioni dell’Oriente, e non lo sarà mai più nella cultura occidentale.
La vita è adesso
L’Uomo anela all’infinito, ma egli é anche desideri, pulsioni, passioni ter-rene, che si frappongono come un fal-so traguardo sul suo cammino verso le stelle. In un primo momento egli sembra accontentarsi di questi surro-gati, ma, al posto dell’infinito, egli sperimenta solo il vuoto della propria insoddisfazione.
Desiderio è ricerca appassionata e attesa di possesso. Tra un minimo e un massimo: in questo dipolo si gioca tutta la pregnanza del verbo desidera-re. E della vita.
Desiderare é, così, anche sentire la mancanza struggente di qualcuno: come dice Terenzio: ( vorrei... ) che tu mi sognassi, mi desiderassi, mi aspettassi, sperassi in me.
Desiderio e speranza: é l’alternarsi di questi due stati d’animo, distinti, che guida il cammino dell’Uomo verso le stelle.
Da sempre l’Uomo guarda il cielo, affidando ad una stella cadente i suoi desideri, e sperando che si avverino. È pur vero che i desideri spesso sono co-stitutivi in noi, e non sempre possia-mo spegnerli o realizzarli con il solo moto della nostra volontà, come ha osservato Schopenhauer; la speranza, invece, é soggetta al controllo delle nostre facoltà intellettive, é raziona-le e cosciente. Ciò porta sovente a un contrasto fra speranza e desiderio. Al tempo stesso, per dirla con Bergson, c’è più fascino nella speranza che nel possesso, perché l’idea dell’avvenire, pregno di tutte le sue potenzialità e possibilità, è più attraente dell’avve-nire stesso.
La speranza é associata al senso di fi-ducia, e, connaturata ad esso, alla at-tesa; eppure la vita é adesso, in questo istante che viviamo e che abbiamo tanto aspettato, e sperato, e desidera-
Viaggio. La stella del mattino. Foto di L. G.
to. Vi sarà altro tempo per vivere e per desiderare ancora.
La musica delle stelle
Cercare di cogliere la musica delle stelle risponde ad un primordiale de-siderio dell’ Uomo di rapportarsi alle forze cosmiche della Natura, nei con-fronti delle quali egli si sente picco-lo, smarrito e quasi insignificante; al tempo stesso, l’Uomo anela all’infini-to, c’è in ogni essere umano l’aspira-zione alla grandezza, all’eternità. Sia che ciò significhi cedere alle proprie
passioni, inseguire i propri sogni an-che a costo di rifugiarsi nell’onirico, fidarsi del proprio istinto, della pro-pria arte o della propria intelligenza, una cosa sola é rimarcabile: l’ Uomo è un essere in costante ricerca, in ten-sione, in cammino, in volo.
Le stelle sono una meta, un traguardo da cui, una volta raggiunte, si spalan-cano nuovi orizzonti, nuovi traguardi. L’Uomo, creatura intessuta di polvere di stelle, e di meraviglia.
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Pubblicazioni
Pubblicazioni scientifiche redatte dall. Avv. Campagnolo
l'Avvocato Campagnolo dal 1984 si occupa di Successioni e Testamenti ed è stato docente di diritto privato presso l’Università Bocconi di Milano
“Successioni mortis causa”, UTET (Torino) 2011.
“Successioni e Donazioni”, Giuffrè (Milano) 2009.
Pubblicazioni collettanee del Prof. Avv. Roberto Campagnolo, CEDAM, 2005, con aggiornamenti biennali.
"Linguaggio e regole del diritto privato. Casi, domande e schede.", Giovanni Iudica, Paolo Zatti, Ed. Cedam.
Casi pubblicati dal Prof. Avv. Roberto Campagnolo e trattati nelle lezioni presso l'Università Commerciale Luigi Bocconi di Milano, in tema di separazioni, successioni, contratti
“Codice Civile Annotato”
Editrice Egea
anno 2014.
Il Prof. Avv. Roberto Campagnolo ha collaborato con i più importanti docenti italiani per l'annotazione dell'ultimo codice civile per quanto riguarda la parte del diritto di famiglia e successioni.
“Il Civilista”
Giuffrè Editore.
L'avv. Roberto Campagnolo ha pubblicato sulla rivista Il Civilista l'articolo relativo all'ammissibilità della clausola arbitrale nel testamento e la sua relativa funzione di prevenire liti future tra gli eredi.
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